dicembre, 2024
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(Venerdì) 14:30 - 19:15
Luogo
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La Sclerosi Multipla (SM), la più frequente patologia cronica del Sistema Nervoso Centrale del giovane adulto, rappresenta, in ambito neurologico e non solo, il prototipo di patologia complessa in cui
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La Sclerosi Multipla (SM), la più frequente patologia cronica del Sistema Nervoso Centrale del giovane adulto, rappresenta, in ambito neurologico e non solo, il prototipo di patologia complessa in cui il rapido incedere della ricerca, soprattutto negli ultimi anni, ha determinato continui affinamenti delle conoscenze fisiopatologiche, nonché dei protocolli diagnostici e terapeutici. Questa patologia neurodegenerativa evolve come un continuum con un decorso iniziale recidivante-remittente nella maggior parte dei pazienti, portando gradualmente nel tempo verso una fase di progressivo accumulo di disabilità con o senza attività di malattia, intesa come recidive o nuove lesioni infiammatorie. Circa il 50% dei pazienti sperimenta questa transizione nell’arco di 15-20 anni dall’esordio. Oggi la comunità scientifica non è ancora pervenuta a una definizione universalmente accettata dei criteri che possono indicare con precisione il momento in cui avviene il passaggio da RR a SP e permettere di porre con sicurezza la diagnosi.
Per avere un ottimale controllo dell’andamento di malattia è fondamentale iniziare precocemente il DMTs, personalizzando la scelta della terapia, alla luce dell’aggressività della SM e delle comorbidità. Analizzare tutti gli indici di progressione, sin dalla diagnosi di malattia, ed intervenire con un trattamento precoce o anticipare lo switch ad altro trattamento in seguito ad una risposta sub-ottimale da parte del paziente, potrebbe condurre ad un significativo contenimento delle conseguenze disabilitanti della patologia.
Diverse evidenze, recenti e meno recenti, hanno univocamente dimostrato che il trattamento iniziale con terapie ad alta efficacia garantisce, rispetto al trattamento iniziale con terapie di moderata efficacia, un rischio significativamente inferiore per i pazienti con SMRR di convertire alla forma secondaria progressiva di SM. Quindi le immunoterapie ad alta efficacia forniscono il massimo beneficio ai pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente quando iniziate senza ritardo, cioè all’esordio della presentazione clinica della malattia. A tal riguardo, la maggior parte degli autori concorda sul fatto che le terapie ad elevata efficacia dovrebbero essere considerate come una scelta di prima linea, soprattutto in pazienti con fattori di rischio per outcome negativi sul lungo termine.
Nonostante le numerose terapie innovative oggi disponibili, sono in corso moltissimi studi in tutto il mondo per sperimentare nuovi approcci alla malattia, rivolti ad ottenere farmaci più efficaci e con scarsi effetti collaterali, e migliorare la qualità di vita delle persone con sclerosi multipla. Dal punto di vista immunologico, è stato dimostrato che i linfociti B sono fattori importanti che contribuiscono all’istopatologia immuno-mediata nella SM. Tra i vari DMT approvati per il trattamento della SM, la deplezione delle cellule B con anti-CD20 è emerso come approccio terapeutico efficace e relativamente sicuro, e gli anticorpi monoclonali anti-CD20 rappresentano una classe di farmaci annoverata tra le terapie ad alta efficacia.
Ofatumumab è una nuova B-cell therapy, primo anticorpo monoclonale completamente umano che si lega al CD20, che offre ai pazienti una maggiore efficacia rispetto alle attuali terapie di prima linea di moderata efficacia, e un profilo di sicurezza e modalità di utilizzo
adeguati per un utilizzo precoce. Inoltre, l’autosomministrazione domiciliare della terapia permette di superare anche le limitazioni associate all’elevato carico organizzativo e di risolvere i problemi di accesso dei pazienti, come quelli dovuti alla disabilità o ai tempi di viaggio verso centri di infusione distanti.
Nei due studi di fase III, ASCLEPIOS I e II, ofatumumab ha ridotto significativamente il tasso di ricadute, il peggioramento della disabilità e l’attività delle lesioni alla risonanza magnetica nei pazienti con SMR. Il profilo di sicurezza e tollerabilità è risultato favorevole e ha consentito, per la prima volta, la somministrazione di un anti-CD20 a domicilio senza necessità di premedicazione. Questi due studi e il loro confronto attraverso meta-analisi a rete hanno dimostrato che ofatumumab è tra i trattamenti più efficaci per la SM.
Alla luce di quanto sopra espresso, l’approccio HEET e riconoscere i primi indicatori di progressione della malattia mediante specifici biomarkers può rappresentare una finestra di opportunità importante per poter intervenire il più precocemente possibile, con l’obiettivo di preservare le abilità fisiche e cognitive dei pazienti. La SPMS viene infatti diagnosticata retrospettivamente con un periodo di incertezza diagnostica che può durare diversi anni, principalmente dovuta alla mancanza di criteri di imaging e marker patognomici in grado di distinguerla nettamente.
Da un punto di vista clinico, la progressione è identificata da un aumento della disabilità che dovrebbe quindi essere misurata in modo sensibile e attendibile. Questo non avviene con le attuali scale; la più frequentemente utilizzata, l’EDSS (Expanded Disability Status Scale), presenta infatti diverse limitazioni come l’alta variabilità, la non linearità, la limitata sensibilità e l’insufficiente peso dato a parametri importanti come la funzione motoria degli arti superiori e la cognitività. Queste sono le principali ragioni per le quali ad oggi la diagnosi di SPMS è solitamente di natura retrospettiva e si basa sull’identificazione della progressione indipendente dalle ricadute, spesso facendo affidamento ai ricordi del paziente sull’evoluzione del proprio stato di malattia.
I numerosi DMT (Disease Modifying Treatment) attualmente disponibili per la forma RR non sono stati studiati, o non sono stati approvati, nell’ambito della SMSP, ad eccezione dell’interferone beta-1b che, tuttavia, non ha dimostrato risultati soddisfacenti. Il primo trattamento studiato in maniera specifica nella SMSP è siponimod, un modulatore selettivo dei recettori per la sfingosina 1 fosfato, approvato nel 2021 dalle Autorità Regolatorie per il trattamento di pazienti adulti affetti da sclerosi multipla secondaria progressiva attiva. L’efficacia di siponimod è stata dimostrata in uno studio randomizzato, controllato verso placebo specificamente disegnato per valutare l’effetto del farmaco nel ridurre la progressione della disabilità in una popolazione rappresentativa di pazienti affetti da sclerosi multipla secondariamente progressiva (età media di circa 48 anni; durata media di malattia di circa 17 anni, EDSS mediano di 6.0). In tale popolazione il farmaco ha mostrato di ridurre in modo significativo la progressione di disabilità confermata a 3 e 6 mesi misurata all’EDSS. E’ stata inoltre evidenziata una maggiore efficacia in pazienti più giovani, con durata di malattia più breve, con un EDSS più basso e con ancora attività infiammatoria, a conferma dell’importanza del trattamento precoce, ampiamente dimostrata nella fase recidivante-remittente, anche nella fase di transizione alla forma progressiva di malattia. Dati sul lungo termine (fino a 7 anni di trattamento continuativo con siponimod) confermano l’efficacia del farmaco nel ridurre la progressione di disabilità e nel controllare l’attività infiammatoria di malattia. Inoltre i dati di risonanza, sul breve e lungo termine, studio mostrano con siponimod sia efficace sia sui parametri di infiammazione sia di neurodegenerazione (lesioni T1 gadolinio positive; nuove/aumentate di volume lesioni in T2; atrofia cerebrale; atrofia della corteccia).
Al fine quindi di trattare tempestivamente il paziente SM con le numerose terapie oggi disponibili appare inoltre evidente la necessità di avere a disposizione strumenti che possano essere utilizzati nella pratica clinica al fine di facilitare la valutazione sistematica dei primi segni di progressione e ad un approfondimento diagnostico e strumentarle più mirato all’individuazione del passaggio da RRMS a SPMS. Si rende necessario, perciò, un approfondimento e un confronto fra neurologi dell’area veneta per definire le migliori strategie personalizzate per la gestione dei pazienti con SM con focus sul trattamento tempestivo, monitoraggio dell’andamento e contrastare la progressione della disabilità.
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